lunedì 23 maggio 2011

La critica emozionale

Scrivo questo post, anche se non so se nessuno lo leggerà mai, perché le visite qui credo che siano piuttosto scarse, se non assenti (o cmq anche se qualcuno è mai passato di qua, non ha mai commentato).

Vorrei solo riflettere su alcuni argomenti che riguardano la critica. Mi riferisco alla critica letteraria in particolare, ma il concetto può essere esteso anche a quella musicale e via dicendo. C'è una vaga consapevolezza che la vera critica sia assente (quando parlo di vera critica mi riferisco a quella disinteressata e imparziale; quella attuale non è altro che mera pubblicità finanziata dalle case editrici/discografiche/cinematografiche), ma nonostante alcuni lo facciano notare, nessuno fa niente per cambiare, o meglio, nessuno propone valide alternative. L'unica che sta facendo qualcosa, nell'ambito della narrativa fantastica, è Gamberetta col suo blog dei gamberi. Lei ha fatto ciò che un critico deve fare: ha esplicitato le regole che sono alla base delle sue recensioni. Definito il metodo, lo ha usato.

Innanzitutto un primo dubbio: esiste anche nella musica/cinema/altro qualcuno o qualche sito/blog che faccia un lavoro del genere? Ovvero critiche suffragate da un corpus teorico ben definito e esplicitato?

Questa riflessione parte da un avvenimento di ieri: cercando una recensione musicale dell'album dell'Aguilera, sono incappata in un sito in cui il recensore era accusato di essere stato troppo di parte e la recensione non era per nulla obiettiva. Al che il tizio rispondeva che le recensioni sono sempre soggettive. Stiamo parlando di recensioni, non di opinioni. Se le recensioni sono così soggettive, che senso ha farle? Allora chiunque di noi può erigersi a critico. Io non capisco un'acca di musica, ma anch'io so benissimo dire se un album mi è piaciuto o meno e perché. E allora? Mi metto a fare il critico? No. Perché io sono convinta che bisogna conoscere ciò di cui si parla per poterlo criticare. Una volta assunto questo principio, occorre però mettersi d'accordo su quali criteri usare. E qui torniamo per un attimo al discorso della letteratura. Gamberetta, dicevo, ha posto paletti chiari riguardo ai criteri adottati nelle sue recensioni. E non solo: questi criteri non se li è inventati di sana pianta, ma sono suffragati da manuali e manuali di scrittura, in cui è riportato chiaramente il perché adottare certe regole nello scrivere aiuti a stendere un romanzo decente. E fin qui, tanti punti di merito a Gamberetta. Sono perfettamente d'accordo con il suo metodo e le sue regole. Ma c'è ancora un passo da fare. Le sue recensioni si basano su criteri razionali, oggettivi (o perlomeno presunti tali), ma la maggior parte delle scelte dell'essere umano sono dettate da azioni irrazionali, o se preferiamo, dettate dalle emozioni. Il successo di molti libri (non mi riferisco alle copie vendute, che dipendono da altri fattori, quali la pubblicità o popolarità dell'autore, ma all'apprezzamento ricevuto dal pubblico) si spiega proprio tenendo in considerazione le emozioni suscitate. Non è un caso che le Mary Sue preannuncino il successo di un'opera.

Ora riflettiamo sulle emozioni. Qual è la posizione che decidiamo di assumere in merito?

A) Sono soggettive, quindi non misurabili, quindi non criticabili -> non possono essere incluse in una recensione, la quale dovrà fondarsi solo su criteri oggettivi e razionali;

B) le emozioni hanno un valore, sono parte fondante della vita umana, devono essere considerate. Questo ovviamente è il punto di vista più problematico. Solleva non pochi dilemmi: è possibile valutarle in qualche modo? Ha senso? Oppure bisogna semplicemente prenderle in considerazione senza alcun giudizio di merito? In questo caso ci sarebbe solo un modo per calcolare il valore emozionale di un'opera: a più gente ha suscitato emozioni positive/è piaciuto, più vale.

Parrebbe quasi una contraddizione: io stessa ho iniziato inveendo contro il critico musicale che usava criteri soggettivi e ora mi ritrovo a parlare di emozioni soggettive e irrazionali. Allora aveva ragione lui? No, io non ho detto che le recensioni devono essere soggettive, ma che in esse bisogna tener conto della soggettività umana. Dico questo perché vorrei scongiurare l'arroccamento degli intellettuali: troppo spesso infatti al successo popolare si contrappone la critica intellettuale. Io vorrei che si superasse questa dicotomia. Perché troppo spesso ciò che è popolare deve essere considerato infimo? Non si rischia forse un pregiudizio?

La mia non vuole essere una "critica", ma al contrario una discussione costruttiva, per confrontarsi e sapere se c'è qualcuno (nell'ambito della letteratura, della musica o del cinema) che sta andando in questa direzione oppure no. E sapere se c'è anche qualche altro filosofo/letterato che si pone le mie stesse domande (e magari giunge anche a delle risposte).