domenica 19 agosto 2012

Il mio (e non solo!) punto di vista sul fantasy

Prendo spunto da questo articolo trovato in rete: […] la mia impressione è che la letteratura per ragazzi in Italia abbia bisogno di un respiro lungo e profondo. Penso che abbia necessità di spazi ampi e nuovi, più liberi e più coraggiosi, dove non si fa il libro da vendere, ma il libro da leggere. […] Spazi di creatività senza limiti e senza censure, […] dove i colori abbiano infinite sfumature e la musica non riecheggi la canzonetta di successo […]
Inutile dire che condivido in pieno, è un po’ il mio pensiero - che ho diluito in vari articoli su questo blog – sintetizzato in un unico post. Peccato che Aquilino, l’autore, non dia modo di commentare l’articolo, perciò scrivo qui il mio commento: bravo, bravo! Sono perfettamente d’accordo su tutto e condivido al 100% la tua visione della letteratura, soprattutto riguardo al fantasy/fantastico e al riferimento che fai sulla letteratura minore:
Non è letteratura minore.
Non fa letteratura solo chi scrive circondato da dizionari o chi più che comunicare intende esibire la propria scienza; e nemmeno solo chi racconta piccole cose di piccoli uomini di piccole province o chi si prefigge di scandalizzare o chi vuole redimere o chi asseconda le richieste del potere civile e religioso […]
 Finalmente qualcuno che si eleva con intelligenza al di sopra della spocchia di molti critici/letterati, che mi indispongono con le loro stupidità sulla Letteratura Alta, così come mi indispongono le Case Editrici con le loro becere operazioni commerciali, che non hanno nessun rispetto della letteratura, e il libro è solo un oggetto come un altro, l’aspetto fondamentale è che sia “vendibile”, “alla moda”, anche se fondamentalmente inutile!
CHE SCHIFO!
E allora per forza che poi troviamo commenti di critici che dicono basta alle trilogie fantasy, ai maghi draghi e “cagate” varie… E in un certo senso, non si può dargli torto finché le case editrici non faranno altro che pubblicare immondizia confezionata spacciandola per “romanzo fantasy”… Ma questa non è letteratura fantasy, questo è un INSULTO al vero fantasy, alle enormi potenzialità, gioie, emozioni che questo genere può dare.
Ma purtroppo l’equazione FANTASY = CRETINATE è diventata vera, ma non perché il genere sia cretino in sé, ma perché le CE lo hanno reso tale con la loro politica commerciale di merda; sminuendolo e svuotandolo della sua componente più bella: la creatività assoluta, l’immaginazione senza confini, la capacità di vedere oltre…
E ancora una volta non posso che dire BRAVO ad Aquilino perché mi fa emozionare quando mi ricorda il motivo per cui scrivo: ovvero creare…
  Storie complesse, profonde, umane, ricche, appassionanti e coinvolgenti, che emozionino e stupiscano, che parlino al lettore guidandolo a riconsiderare la propria visione del mondo, incantandolo e mettendolo in crisi, aprendolo a nuove prospettive, accompagnandolo nella visita a mondi nuovi che possa confrontare con il proprio, invogliandolo ad aprirsi sempre di più alla lettura, all'emozione, al sublime, al pensiero, alla consapevolezza.
Presuntuosa?
Forse sì.
Ma questa sono IO.

giovedì 29 marzo 2012

Ma cosa stai mostrando?

Sì, lo so, sono sempre qui a menarla con lo stesso discorso, ma continuo a essere insoddisfatta di ciò che trovo i giro.
L’epidemia Gamberetta si sta diffondendo come un cancro.
Con i suoi pro e i contro, come tutte le ideologie prese tout-court del resto.
Il progetto iniziale della barca dei gamberi nasceva in opposizione al totale degrado e sfacelo dell’editoria fantastica italiana (non che la narrativa non fantastica se la passi meglio), con l’intento di redigere recensioni basandosi su criteri oggettivi.
Fin qui, tanto di cappello. Ma poi qualcosa nel meccanismo si è rotto. Il carisma di Gamberetta ha creato una schiera di adepti che non solo aderiscono tout court alla sua tecnica, ma copiano pari pari anche il suo stile quando scrivono gli articoli dei loro blog. E fin qui, potrebbe anche non fregarmene niente, perché se il metodo è buono è anche giusto che si diffonda.
Il problema è un altro: la TECNICA NON E’ BUONA.
Perché, non mi stancherò mai di ripeterlo, dalla teoria alla pratica ce ne passa. E la maggior parte dei sedicenti autori che usano lo stile trasparente cannano. Le robe che vengono fuori non sono per niente così buone come dovrebbero essere, sono allo stesso livello, se non peggio, di scrive alla come capita. Sì, peggio, perché oltre a non essere buone, hanno pure lo svantaggio di essere incomprensibili. Questo è il primo svantaggio di mostrare e non raccontare: ciò che dovrebbe migliorare la scena arricchendola di dettagli, in realtà la peggiora perché crea solo immagini confuse o dà addito a fraintendimenti.
Facciamo un esempio, tratto dal blog Il destino di Nike:

A: Dom sentiva le mani fredde, deboli, la vista annebbiata, le braccia tremanti.

B: Dom (3) era stanco e debole, troppo per reggere il peso del suo enorme avversario.

Secondo l'autore la frase A dovrebbe essere "giusta" perché la stanchezza è mostrata mentre la frase B è "sbagliata" perché è raccontata. Volete i miei due cent? Per quanto mi riguarda funziona di più la seconda. Quando ho letto la prima frase non ho affatto percepito la stanchezza, ma ho semplicemente assimilato una serie di sensazioni di Dom, senza catalogarle come stanchezza, ma come... Come NIENTE! Le mani fredde e deboli... forse ha problemi di circolazione; la vista annebbiata... ha il metabolismo non gli funziona bene e ha un calo di zuccheri, o forse ha il sole negli occhi, oppure-è stata la mia ipotesi, se devo essere sincera- ha preso qualche sostanza velenosa o qualche droga... Insomma, ho pensato a tutto tranne che fosse stanco.

Sempre secondo l’autore, la frase A dovrebbe essere la rappresentazione “visiva” della stanchezza. C’è un piccolo problema: non tutte le sensazioni si possono mostrare. Perché non si vedono dal di fuori, sono interne. Quando io ho un dolore, posso anche non darlo a vedere dal di fuori, ma io lo sento. Idem per la stanchezza.
Cos’è per voi la stanchezza?
Aver le mani sudate, il fiatone, crampi ai muscoli?
Be’, io ad esempio sudo pochissimo, perciò posso essere anche molto stanca senza esser sudata. Se io faccio una lunga camminata di diverse ore, non avrò né il fiatone, né sarò sudata eppure mi sentirò stanca, ma la mia sarà un sensazione interiore, un bisogno, la voglia di scaraventarmi sulla prima sedia che trovo per riposarmi le gambe. Ma questo non si può mostrare perché dal di fuori (non essendo né sudata né avendo il fiatone) non si nota niente.
Viceversa un sintomo di quelli elencati in precedenza, potrebbe avere altri significati: tizio è sudato; io penso che fa molto caldo, non che è stanco.
Mi direte: ma si deve capire dal contesto. Ok, ma non sempre è così, spesso il contesto è ambiguo e dà luogo a fraintendimenti. Davvero devo mettermi qui a elencare tutte le volte in cui nella vita quotidiana ci sono incomprensioni tra due interlocutori? E nella vita reale ci sono ulteriori fattori (quali espressioni del volto, tono della voce, odori, etc...) che dovrebbero aiutare a evitare fraintendimenti, figuriamoci sulla carta che oltre a non vedere, non si può sentire, né toccare, né percepire.
Il punto focale sta proprio qui (ed è secondo me il punto in cui Gamberetta canna in pieno il concetto del mostrare):
IL “MOSTRARE” SERVE PROPRIO PER RICREARE SITUAZIONI AMBIGUE, NON PER CHIARIFICARE UN’AZIONE.
E non lo dico io:
“Quando si mostra, il lettore [...] è libero di trarre le proprie conclusioni sul senso delle azioni dei personaggi. [...] Questo crea profondità nei personaggi [...] perché si è concessa loro l’ambiguità e la ricchezza delle persone reali”
(Donna Levin, 2004)*

Ambiguità, appunto. Bisogna essere consapevoli che mostrare crea ambiguità e quindi comportarsi di conseguenza. Se io voglio mostrare con precisione una scena, non voglio creare nessuna ambiguità, anzi, voglio che il mio libro sostituisca una telecamera. Ma siccome non ho una telecamera, devo fare appello alle ulteriori risorse che offre la narrazione (e questa è appunto una “risorsa”, non un difetto). Se al cinema posso solo mostrare, qui posso anche narrare per chiarificare meglio un concetto.
E’ un importante risorsa. Non snobbiamola.

Ridurre tutto al mostrare, significa ridurre tutto al vedere. Ma la vista non è il nostro unico senso. C’è il tempo del vedere e quello del sentire.
Se io scrivo: Tizio è stanco.
Va bene.
Non devo vedere niente, perché devo sentire. Quello che conta è che il lettore abbia la percezione di stanchezza (che sarà soggettiva, immagino) non deve vedere la stanchezza perché non c’è niente da vedere (io ad esempio m’immaginerò la stanchezza come una percezione di spossatezza diffusa in tutto il corpo). Diventa necessario mostrare se la stanchezza è eccessiva e degna di nota (tizio che avanza strisciando, la lingua per terra, un bagno di sudore, etc..).
Se invece io voglio narrare un duello, in questo caso certo che è più efficace mostrare perché sennò non vedo niente. Scrivere alla Troisi “era tutto un colpisci, affonda, para” è come non dire niente, è solo una macchia confusa. In questo caso sono azioni concrete perciò è più efficace mostrarle.

E allora, come sempre, entrano in gioco le variabili individuali e soggettive: il talento e l’esperienza dell’autore, sia per capire cosa va mostrato e cosa invece è meglio raccontare, sia perché, quando dovrà farlo, sarà in grado di mostrare nel modo più comprensibile possibile.
Già da questa frase, ci si accorge di quanto sia difficile usare la tecnica del mostrare perché occorre una dote di fondo in tale metodo (cosa che non tutti hanno) o, in alternativa, si può supplire alla mancanza di talento naturale con lo studio e l’applicazione, ma qui occorrono anni di esercizio e di esperienza. Cosa che gli esordienti, in quanto tali, non hanno. Perciò io mi darei una calmata prima di sbandierare con tanta leggerezza l’obbligo del mostrare a chi non ha esperienza in narratologia perché altrimenti si fa solo del danno. E le prove ci sono: gli esordienti che usano tale tecnica spesso (se non sempre) peggiorano la qualità dei loro brani che in prima battuta avevano scritto narrando (e che risultavano appunto più comprensibili).
Un’ultima precisazione: quando parlo di esperienza, non mi riferisco solo al fatto di esercitarsi a casa, intendo esperienza come “vero scrittore”, cioè scrittore pubblico, perché è solo grazie alla reazione e ai commenti di un vasto pubblico di lettori che si possono avere le conferme se il nostro metodo funziona o meno.


* Levin Donna, (2004). Scrivere un romanzo, Dino Audino Editore.

sabato 11 febbraio 2012

La pirateria... quando conviene

Per scrivere questi miei due cent sul diritto d’autore, partirò da un fatto che mi è successo proprio oggi. Sono andata in una libreria della mia cittadina cercando “Pentar.Il patto degli dei”, l’opera di Luca Tarenzi. Ho sentito parlare molto bene di questo autore e sono curiosa di leggere qualcosa di suo, in particolare questo libro perché dalla trama mi sembra molto interessante. Ora, il romanzo in questione è di qualche anno fa e... indovinate un po’? E’ ormai fuori catalogo ed è praticamente introvabile: nemmeno su ordinazione me lo possono far arrivare, e la risposta è stata la medesima anche nelle altre librerie in cui ho cercato, persino negli store online non è più disponibile.
Ecco, ora io mi chiedo: un libro così che danno potrebbe mai ricevere dalla pirateria?
Nessuno.
(E infatti non si trova nemmeno tramite P2P.)
Anzi, se qualcuno lo piratasse e lo condividesse, non potrebbe che fare un favore a Tarenzi, visto che almeno chi come me ha intenzione d leggere quel suo libro, ne avrà la possibilità, dato che ora come ora quel libro è praticamente introvabile. Perciò come potrebbe mai guadagnarci lo scrittore se il suo libro non si trova in nessuna libreria? E’ ovvio che attualmente non sta venendo nemmeno una copia perché fisicamente non esiste più.
E QUESTA NON E’ UN’ECCEZIONE!!
Pentar non è introvabile perché Tarenzi è un autore particolarmente scarso o perché il romanzo fa schifo, ma semplicemente perché QUALSIASI romanzo che non sia un (super)bestseller dopo pochi mesi è già fuori mercato. Rendere disponibili queste opere tramite P2P non potrebbe che giovare agli autori, facendo loro tanta pubblicità con conseguente aumento di vendite per le opere future.
Al massimo, se non ci guadagneranno niente, di sicuro non ci perderanno.
Perciò consiglio vivamente al signor Tarenzi di digitalizzare la sua opera e renderla disponibile online. GRAZIE!
Da ciò che ho appena detto si potrà tranquillamente dedurre cosa ne penso delle leggi SOPA/PIPA, di cui si sta parlando molto in questo periodo (anche a seguito della chiusura di Megavideo): sono una STR***ATA!
Direi che non devo aggiungere altro, il mio commento mi pare più che esaustivo.
Invece ho ancora un paio di perle di saggezza a proposito dello streaming.
Se le varie major americane fossero meno idiote, invece di perdere tempo con questa guerra cretina contro lo streaming illegale, impiegherebbero meglio le loro risorse rendendo loro per prime disponibili i video in internet. E ci guadagnerebbero allo steso modo in cui la TV ci ha guadagnato per anni pur rimanendo gratuita: la pubblicità!
In primis, per non parlare poi di tutti gli ulteriori stratagemmi per spillare soldi (es: pagare per vedere i film in HD o per il download, vendere i DVD, pubblicizzare altri prodotti della casa cinematografica o altri film in uscita al cinema, etc...).
Un altro esempio personale: io quest'anno parteciperò a due convention a due Tfelefilm che ho potuto seguire grazie allo streaming gratuito online (di uno in particolare se non fosse stato per il Web non ne avrei visto nemmeno una puntata); sono andata al concerto di Caparezza che ho iniziato ad apprezzare proprio perchè ho scaricato gratuitamente da emule un suo album (e poi sono corsa a comprare il suo ultimo album appena uscito).

mercoledì 25 gennaio 2012

La scomparsa dei libri?

Come nell'articolo precedente, difficile fare previsioni, può succedere tutto e il contrario di tutto: dalla situazione pressoché invariata alla scomparsa della letteratura.


OOOhhh, puoi capire!


Dite che sto esagerando? Vediamo.

Ipotesi catastrofica: come sta succedendo agli mp3, tutti scaricano ebook gratis, le librerie chiudono, gli scrittori fanno la fame e non scrivono più --> nessuno scrive più libri, la letteratura scompare.

Mi pare già di sentirvi: eh, nonostante gli mp3 piratati, i cantanti mica sono scomparsi; già perché i cantanti fanno i concerti e gli spettacoli in tv o nei locali; allo scrittore tutto questo non è concesso, lo scrittore ha solo il libro.

Ipotesi forse ancora peggiore della precedente: senza più il vincolo della casa editrice, pubblica chiunque, qualsiasi sottospecie di imbrattacarte o, ancora peggio (perché, si sa, al peggio non c’è mai fine), nelle vetrine virtuali ci sono quelli che pagano la pubblicazione. Se già adesso ci si lamenta che le case editrici preferiscono la commerciabilità alla qualità, in questo panorama sarebbe il disastro assoluto: pescare un libro buono in una marea di pesce avariato sarebbe un evento straordinario (già adesso l’editing lascia molto a desiderare, anche per i libri pubblicati); anche in questo caso la morte della letteratura sarebbe vicino, non più per la resa dell’autore ma per il suicidio del lettore.

Oppure le case editrici possono continuare ad avere un ruolo di traino anche nel mercato ebook, proponendosi come intermediarie tra gli autori e i lettori, garantendo qualità e occupandosi delle traduzioni; in questo mercato/sistema le uniche a farne le spese sarebbero le librerie. E anche noi lettori: a me piace così tanto andare in libreria, magari con un’amica, sfogliare i libri, curiosare tra le novità o nel reparto fantasy; e invece sarei seduta qui da sola, come adesso, a guardare la vetrina digitale di Ibs o Amazon. WOW! Che bella prospettiva!

Eppure c’è chi, come Gamberetta, si esalta della scomparsa di librerie e case editrici. Non vedo cosa ci sia da esaltarsi. A me pare una tale tristezza, anche perché chi come lei sostiene questa teoria ritiene che appunto i gusti non cambierebbero perché sarebbero sempre le vetrine a vendere, quindi... Dov’è il vantaggio di far sparire le librerie? Visto che non ci sarebbe nessun incremento né dal punto di vista della qualità, né per la visibilità degli autori ignoti.

C’è però un’altra ipotesi. La casa editrice può decidere di non digitalizzare i libri: niente ebook, niente pirateria, non cambia niente rispetto ad adesso. Al massimo si troverebbero in digitale solo i best seller, quindi il libro continuerebbe ad avere un ruolo dominante.

Infine l’ipotesi da perfetta ottimista. Non solo le vendite dei libri non diminuiranno, ma persino aumenteranno. I lettori, avendo la possibilità di trovare libri comodamente da casa e a un prezzo vantaggioso, incrementeranno gli acquisti, di conseguenza anche la loro passione per la lettura e la voglia di libri aumenterà, con conseguente beneficio anche per le vendite cartacee.

Come dicevo nella premessa, tutto e il contrario di tutto. Non si sa cosa ci riserverà il futuro.

Chi vivrà, vedrà...