domenica 13 novembre 2011

Urban fantasy = Horror

Purtroppo è un’equazione che ho riscontrato un po’ troppo spesso nel panorama fantasy italiano (ma mi pare che anche all’estero ci sia la stessa tendenza). Voglio dire, se togliamo i romanzi alla Meyer e gli autori stile Troisi (leggi: alla cazzo di cane) e ci spostiamo verso gli scrittori più talentuosi del panorama fantastico italiano (penso ad esempio a Tarenzi e Dimitri) ecco che l’equazione di cui sopra, ovvero urban fantasy = horror, diventa la norma.

Non mi piace questa tendenza, anche perché rappresenta un limite del genere. A me l’urban fantasy piace tantissimo, ma sinceramente di squartamenti & affini ne faccio volentieri a meno. Io non disdegno l’horror per partito preso, anch’io ogni tanto ne ho letto e apprezzato alcuni, però insomma se leggo un urban fantasy mi piacerebbe sprofondare in un mondo fantastico, trovarmi immersa nella magia, evadere in un luogo incantato, piacevole ed entusiasmante, non angosciante e terrificante. Gente torturata, bruciata viva, sacrifici umani e animali, crudeltà di vario genere, cinismo a gogò, razzismo, sessismo e xenofobia imperante.

E basta!

Bastaaaa!

Il mondo è già tanto brutto di suo, almeno nella fantasia lasciatemi quietare. Per ritrovarmi catapultata in un mondo del genere, tanto vale me ne sto a casa.

Va bene la verosimiglianza, ma non è che per forza si deve ricreare un mondo così socialmente identico al nostro per renderlo verosimile; sta anche qui l’abilità, la sfida: creare una realtà sociale diversa dalla nostra ma allo stesso tempo credibile.

Forse che lo scopo sia mettere in luce le atrocità della nostra società? Va bene, ma lo si può fare anche proponendo un modello positivo, un’alternativa; anzi, il fantasy è l’unico genere che lo permette, perché se voglio scrivere una storia di protesta contro la guerra, l’unico modo è mostrare le atrocità della guerra, ma nel fantasy no, ho un’altra chance: posso creare l’alternativa, posso creare il mondo come potrebbe essere se non ci fossero le malvagità a infestarlo, un mondo più equo e giusto, un mondo con valori diversi dai nostri. Un modello positivo di vita a cui ispirarsi, a cui ambire. E’ l’alternativa sociale del bonobo vs scimpanzé.

Comunque ho tergiversato. Al di là della funzione sociale, educativa, illuminatrice, biblica del romanzo, rimanendo su un versante più terra terra di semplice intrattenimento, ribadisco che insistere troppo sull’aspetto cruento del fantasy per adulti(1), al di là dei gusti personali, è comunque un limite perché è un’interpretazione parziale delle potenzialità di questo genere.



(1)Ovviamente il panorama fantastico per bambini è ben diverso, ma qui non sto parlando di Annetta che passeggiando nel bosco si ritrova in un mondo incantato di fragole e panna. Mi riferisco al fantasy per adulti che implica una certa serietà, coerenza, caratterizzazione dinamica e sfaccettata di personaggi, profondità e complessità dei temi trattati...

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